la sesta ondata di estinzioni di massa

Nel 2010 ho creato il gruppo Facebook, pubblico e internazionale, dedicato alla questione della sesta ondata di estinzioni di massa di vita non umana sul pianeta. Da allora ho cominciato a impegnarmi sempre di più a cercare di divulgare e sensibilizzare l’opinione pubblica e gli studenti di scuole e università su questo tema, nel mio tempo libero.

Con lo stesso obbiettivo in mente, ho anche deciso di condividere la mia storia di impegno personale come conservazionista in prima linea, ossia il tentativo di salvare una specie animale in un paese in via di sviluppo: ho così raccontato la storia della saga conservazionistica dell’ibis eremita nel Vicino Oriente ed in Africa Orientale che mi ha tenuto impegnato tra il 2002 ed il 2011. Un libro in forma di reportage letterario intitolato "Salam è tornata" è stato pubblicato nel Novembre 2016 per i tipi di Exorma (Roma).

In tempi recenti ho usato questa storia come pretesto e punto di partenza per parlare della questione della sesta estinzione di massa; una lista di discussioni e interventi pubblici si trova su questa pagina.

Nell’Ottobre 2019 La Stampa ha pubblicato un mio editoriale sullo stesso argomento. Di seguito alcuni estratti:

“L’imprimatur scientifico è caduto tra le nostre teste e spalle soltanto tre mesi fa: si, è confermato, quella che stiamo vivendo è solo l’inizio di una ondata di ecocidi di massa di vita non umana sul pianeta Terra; un processo che potrebbe spazzare via un milione di specie di piante e animali dal nostro pianeta nel breve periodo (si parla di decine di anni).

Questa conclusione terrificante è supportata da circa 15mila articoli scientifici (!), come si può leggere direttamente nel dossier prodotto dall’agenzia indipendente Intergovernmental Science-Policy Platform for Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES).

Dopotutto, noi attivisti, non eravamo così “catastrofisti” nelle decadi passate quando si facevano campagne per proteggere la natura e si suonavano campanelli di allarme di tanto in quando in relazione a singole specie a rischio di estinzione.”

“[…] come avrei mai potuto immaginare allora che avrei personalmente sperimentato e documentato, come conservazionista da campo, proprio estinzioni di specie animali negli stessi luoghi dove avvenivano…”

“In effetti nessun ambientalista pragmatico e serio argomenterebbe il fatto che il progresso socio-economico non sia necessario: abbiamo sostenuto per decadi che un nuovo paradigma socio-economico era necessario basato su principi di sostenibilità ecologica ed etica invece che su assunzioni magiche come i principi del laissez faire e della crescita economica infinita, derivanti dalla ideologia dominante del mercato libero.”

“Se c’è una lezione importante che ho imparato dalla mia esperienza sulla prima linea della natura devastata è che la virtuosità individuale -o quella dei singoli progetti- non fa grande differenza nella realtà della società di massa odierna né possono avere un impatto significativo a livello globale.

Non almeno sotto il dominante sistema socio-economico attuale, intendo. Dove per decadi l’enfasi sulla virtuosità individuale (usa la bicicletta invece della macchina, raccogli la spazzatura sulla spiaggia, chiudi le luci quando non servono ecc.) è stata il principale leit motif dell’impegno ambientalista.

Al contrario “cambiamenti trasformativi” sono quelli che servono per incidere sull’attuale gravissima crisi ecologica, un termine usato appropriatamente dal menzionato dossier dell’IPBES.

Dato il fatto che fino ad ora governi e organizzazioni internazionali (strettamente controllati dalle élite economiche e finanziarie globali dipendenti dagli idrocarburi fossili) non hanno mostrato alcun segno di consapevolezza né hanno iniziato un percorso di riforme appropriato alla scala del problema, l’unica speranza rimasta risiede in un sollevamento globale di massa promosso da movimenti popolari che diano l’impulso necessario alla politica per attuare le riforme necessarie. Prima che sia davvero troppo tardi (e sperando che non lo sia già).

Cosa serve è un programma di riforme globali di ampio respiro - un vero e proprio “new deal verde”- focalizzato sia sulla limitazione del consumo delle risorse, sia sul contenimento della crescita demografica mondiale. Impegnarsi su uno solo di questi due fronti non sarà sufficiente. (Certo, i paesi industrializzati, guarda caso, tendono sistematicamente a vedere solo il secondo problema, rimuovendo il primo).”

“Non facciamoci incantare ancora dal mito e dagli specchietti per allodole degli utopici delle high-tech, posseduti dal loro tipico delirio di onnipotenza e pronti a promettere che ci salveranno da qualsiasi pasticcio. La verità è che siamo ancora neanche lontanamente a conoscenza di come affrontare problemi complessi relativi all’equilibrio e funzionalità dei grandi sistemi di supporto della vita sulla terra; l’approccio degli utopici high-tech in questi campi e le loro proposte sono oltremodo ingenue e pericolosamente riduzioniste.

L’economia è senza dubbio importante, è anche questa collegabile alla nostra sopravvivenza come specie. Ma la sua formulazione e realizzazione come si è svolta negli scorsi due secoli ci ha portati su una strada senza ritorno, pericolosa per la vita stessa sul pianeta.”

“La crescita economica infinita è uno slogan magico inventato da economisti e capitalisti positivisti ed euforici. Nello spazio di un secolo questo slogan si è trasformato in una nozione arcaica e pericolosa. E’ tempo di svegliarsi per confrontarsi con la realtà della vita sul pianeta.

Dopotutto, non esiste alcunché di infinito nell’intera galassia!”