09
Mar
2010
14:55 PM

Uno spiraglio di natura selvaggia irrompe in Versilia

Articolo pubblicato su Greenreport nel Settembre 2010: http://greenreport.it/_archivio2009/index.php?page=default&id=6506

La Versilia d'estate. File di ombrelloni a perdita d'occhio, placidi corpi unti sotto il sole e bambini vociferanti. Questa, come il 90% delle coste sabbiose italiane, un tempo era un ecosistema sabbioso con dune, ricco di piante ed animali selvatici affascinanti. Sono stati fatti sgomberare svariati decenni fa per far posto all'industria dell'abbronzatura coatta. L'unico tratto salvato dal cemento, di enorme importanza oggigiorno, è la cosiddetta spiaggia di Lecciona, tra Viareggio e Marina di Vecchiano: peccato sia diventata, la terra di nessuno, trasandata e costellata di rifiuti...

Mentre a Tonfano, o Marina di Pietrasanta, qualche mente illuminata aveva pensato di riabilitare pochi metri quadri di ambiente dunale ai lati della nuova meraviglia cementizia - un pontile - per scopi educativi, cioè per mostrare alla gente che tipo di vegetazione ci sarebbe normalmente al posto di aiole con prati all'inglese e pitosfori olezzanti. L'idea era buona ma la vista di questo minuscolo lembo di vegetazione nativa, soffocata tra il cemento ed i rifiuti, provoca un certo magone... Questo è più o meno il rapporto che oggi abbiamo, in Italia come altrove, con la natura selvaggia - la cosiddetta "wilderness" di thoreau-iana memoria.

Nel torpore ventilato di un meriggio di fine agosto 2010, dunque, file di bagnanti prendono il solo in batteria, mentre la battigia è invasa da un intrico di bipedi flaccidi in ogni direzione - ricordano quelle colonie di mammiferi marini che si vedono nei documentari, foche o leoni marini, che si concentrano pigramente in certi tratti di costa di paesi lontani.

Ecco che senza preavviso, in questo scenario scontato, prevedibile, accuratamente regimentato, irrompe l'imprevisto, lo stupore, la meraviglia (nella foto, tratta dal Corriere Fiorentino): una megattera, una balena con la sua silhouette improbabile e inconfondibile, salta fuori dall'acqua a trecento metri dalla riva, sollevando una mole inconcepibile di spruzzi nell'aria mentre si lascia cadere a peso morto nell'acqua con le sue 40 tonnellate di peso... "Balena, balena!!" cominciano a udirsi grida da tutte le direzioni...

Sembra un film, tutta la gente sul bagno-asciuga a scrutare il mare, attonita per l'irruzione della natura selvaggia in questo scenario familiare e addomesticato. I bambini urlano di gioia ed emozione, gli adulti, con lo sguardo fisso al mare fremono scossi inconsciamente da sensazioni ataviche...

Purtroppo poche persone sono al corrente di cosa sia la natura selvaggia, la wilderness appunto - e del tesoro di biodiversità che essa contiene o conterrebbe, senza l'intervento umano. Biodiversità, uno dei termini più inflazionati dell'ultimo decennio, ma anche uno dei meno conosciuti. Pochi infatti sanno che il pianeta sta vivendo una sesta estinzione di massa di animali e piante - e che noi occidentali, con il nostro stile di vita consumista, più o meno consapevolmente, ne siamo i diretti committenti, sia a livello locale che planetario, grazie all'invenzione del mercato globale.

Ed ecco la gente nei ristoranti della costa che non sembra cosciente o curarsi del fatto che mangiare pesce "fresco" oggigiorno significa sostenere attivamente la distruzione degli ecosistemi marini del pianeta. Un esempio su tutti, la pesca al tonno - che in Mediterraneo nel frattempo è quasi sparito! -, che produce come "effetti collaterali" l'uccisione inutile di un numero enorme di altri animali marini appartenenti ad almeno 45 specie - tra cui la nostra splendida megattera insieme ad altre specie di balene, delfini, tartarughe, albatros, cavallucci marini etc.

Gli oceani potrebbero ben presto diventare dei deserti ecologici come gli arenili della Versilia, senza che noi ce ne rendiamo minimamente conto né tantomeno ce ne sentiamo responsabili... Anzi, potremmo anche pensare di essere dei veri amanti degli animali, solo perché portiamo un cane al guinzaglio o abbiamo un gatto a casa...

Ma la wilderness, la natura "selvaggia" è solo quella ancora integra e non addomesticata, non dipendente dall'uomo, con ecosistemi ancora capaci di auto-sostenersi, tramite l'interazione continua di specie di animali e piante selvatiche. La biodiversità che anima la natura selvaggia altro non è che un incredibile caleidoscopio di forme, colori e movimenti che si intrecciano di fronte ai nostri sensi; mille stratagemmi di sopravvivenza, dai quali spesso traiamo preziose indicazioni su come curare le nostre malattie più gravi. Ecosistemi naturali dai quali sia le società umane tradizionali che quelle industrializzate ancora dipendono per le loro risorse naturali. E quindi, gli animali sono anche e soprattutto quelli selvaggi, che ancora riescono a sopravvivere autonomamente, come il leviatano avvistato in Versilia - non solo cani, gatti e canarini!

E' la loro visione inaspettata che ci ispira e tocca corde emotive profonde. Perché questo? Dovremmo innanzitutto domandarci perché i bambini sono attratti dalla natura e dagli animali in modo del tutto spontaneo. Si chiama "biophilia" - termine coniato da E.O. Wilson, famoso entomologo di Harvard - questo afflato verso tutte le altre creature viventi. La risposta più scontata appare quindi che anche noi siamo appartenuti a questa grande famiglia per milioni di anni, anche noi siamo parte della natura selvaggia, e solo recentemente ce ne siamo andati distaccando - con presunzione, arroganza, miopia... Ma sentirsi parte del mondo naturale è ancora inebriante per Homo sapiens - ed è anzi ancora una componente imprescindibile dell'essere uomo e della psiche umana, secondo alcune recenti teorie.

D'altra parte, siamo arrivati al punto che oggi un bambino potrebbe benissimo pensare che natura sia il giardino del suo quartiere o un parco cittadino, o la campagna intorno alla città. Ma la vera wilderness non sono questi ambienti verdi coltivati e banalizzati dall'uomo, con una biodiversità bassissima e magari dominata da specie aliene, originarie dell'altra parte del globo; la vera wilderness sono quei luoghi in cui ancora ci si può stupire e meravigliare dall'incontro inaspettato con animali e piante, dall'osservazione di comportamenti ed interazioni.

Sono questi gli ultimi serbatoi di ispirazione e stupore, dal valore inestimabile, dove eventi ricchi di significato si svolgono di fronte ai nostri sensi. Lo stupore, che è il punto di partenza del pensare, non è né sconcerto, né sorpresa, né perplessità: è uno stupore che ammira... ebbe a dire la filosofa e storica tedesca Hanna Arendt. Un bambino con la possibilità di un contatto con la natura, rispetto ad uno che vive nella giungla di cemento urbana, ha a disposizione infinite opportunità di stimolazione ed ispirazione, di crescita interiore - come sosteneva C.G. Jung, che visse una infanzia felice a contatto con la natura sulle montagne svizzere.

Questa megattera in Versilia con le sue affascinanti e maestose evoluzioni aeree, è un evento più unico che raro. Non solo perché avvistare una balena dalla spiaggia in Versilia è appunto un evento rarissimo - un bagnino diceva che non ne aveva mai vista una durante tutta la sua vita. Ma é proprio la megattera che rappresenta una specie totalmente occasionale e, per così dire, fuor di luogo in Mediterraneo, essendo essa una specie oceanica. Vale la pena ricordare che la megattera è una delle specie di balena più affascinanti: quella che salta frequentemente fuori dall'acqua con tutta la sua mole e che emette le suggestive e arcane sinfonie sottomarine, ancora indecifrate dall'uomo.

E' bene non farsi illusioni su questo avvistamento un po' delirante: questa "comparsata" deve essere considerata più come un canto del cigno della wilderness, che come una indicazione che il mare stia ancora bene. E' invece una dolente realtà il fatto che il mare stia ormai agonizzando, ai quattro angoli del pianeta, a causa dell'azione combinata del saccheggio perpetuato dalla pesca industriale e dell'inquinamento di natura antropica, a cui recentemente sono andati sommandosi gravemente gli effetti del cambiamento climatico.

Ci domandiamo quindi se la nostra megattera, riuscirà a schivare i mille traghetti, petroliere e yacths di vacanzieri che solcano i nostri mari. Se riuscirà a non rimanere avvelenata dagli scarichi tossici dei nostri fiumi o se troverà ancora di cosa nutrirsi nei nostri mari depauperati di vita. O se riuscirà a non rimanere impigliata nelle reti flottanti, o "reti derivanti", lunghe centinaia di Km lasciate per giorni in mare aperto per catturare gli ultimi tonni del Mediterraneo.

Certo oggi abbiamo maggiore conoscenza ed educazione e quindi una migliorata capacità di fare caso a certe cose: solo 30 anni fa un padre, alla domanda del figlioletto se fosse possibile avvistare balene dal molo di Viareggio lo avrebbe certamente deluso rispondendogli di no - perché in effetti allora questo si credeva. Ma al contempo durante le ultime decadi le occasioni di incontro di animali interessanti si sono rarefatte infinitamente. Certo le specie più comuni e opportuniste sono più facili a vedersi di 30 anni fa (cavedani e muggini, gabbiani reali, aironi, storni, ratti etc.); ma quelle più specializzate, delicate e rare stanno scomparendo ineluttabilmente ed a ritmi vertiginosi. I biologi chiamano quella attuale la sesta estinzione di massa, che segue alla quinta, quella dei dinosauri avvenuta 65 milioni di anni fa. Pochi sono i dubbi circa la causa di quest'ultima estinzione di massa: Homo sapiens e la sua fame di risorse.

La megattera della Versilia piuttosto rappresenta una occasione per riflettere sul valore della wilderness per noi esseri umani del secondo millennio, da un punto di vista non solo economico - ci dimentichiamo troppo spesso che buona parte della nostra economia si basa ancora largamente sulle risorse naturali, e che non ha alcun senso istituire separatamente un ministero dell'economia e uno dell'ambiente -, ma anche da un punto di vista spirituale, estetico e psicologico. Probabilmente siamo l'ultima generazione che si può ancora porre questo interrogativo - e incantarsi con visioni e suggestioni tipo queste inaspettate, e quindi tanto più preziose, regalateci dal passaggio della megattera agostana.

L'interrogativo da porsi è: possiamo davvero fare a meno della natura selvaggia, con tutta questa leggerezza? Dovremmo rifletterci davvero e prendere una posizione chiara. L'economia di mercato ha già ampiamente dimostrato di essere un esercizio ingannevole in quanto i suoi bilanci sono ampiamente falsati - non si tiene mai conto dei colossali danni ambientali collaterali, spesso nascosti e dilazionati nel tempo, che vengono poi ereditati e pagati dalla collettività presente e dalle generazioni future - vedi l'ultimo disastro causato da British Petroleum. Senza contare che non tutto è monetizzabile nelle nostre vite, come vorrebbero propinarci questa vera e propria specie invasiva che sono gli economisti - almeno quelli di vecchia generazione, che però, ahimè, ancora dominano largamente.

Il padre delle cosiddetta "ecologia profonda" (deep ecology), il filosofo norvegese Arne Naess, ricorda di un acceso dibattito che ebbe luogo alcuni decenni fa in Norvegia tra gli abitanti di un fiordo e il governo centrale. Oggetto del contendere: la costruzione di una diga con conseguenti effetti disastrosi su tutto l'ecosistema del fiordo. Durante una riunione, un ministro chiese con franchezza, quale valore monetario la popolazione attribuisse al danno ecologico (irreversibile) che la diga avrebbe prodotto - in modo da poter "quantificare" (termine tanto caro ad ingegneri ed economisti, ndr) una qualche forma di indennizzo. Un anziano si alzò e rispose, placidamente: quanti soldi richiederebbe lei per acconsentire di farsi tagliare un braccio?



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